Slave Island si fonda sulla versione inglese settecentesca (1761), a cura dell’attrice Catherine Clive, di una celebre commedia in un atto di Marivaux, L’Île des Esclaves (1725).
Tale pièce di Marivaux, la cui vicenda ruota attorno allo scambio di abiti e di ruoli servi/padroni, ebbe un grande successo al momento della creazione (alla Comédie-Italienne di Parigi) e fu riscoperta nel Novecento, quando venne letta in chiave politica, quale prefigurazione della Rivoluzione Francese.
Nel 1994, la celebre regia di Giorgio Strehler ne ha quindi assicurato una diffusione in tutta l’Europa, suscitando nuovi allestimenti, fra gli altri di Juli Léal e Irina Brook.
La versione inglese originale fu presentata sulle scene londinesi del Drury Lane dalla compagnia di David Garrick con il titolo The Island of Slaves. Il testo, inedito, è conservato negli archivi di una biblioteca americana (Huntington Library, San Marino): riportarlo sulle scene oggi consente di riflettere sulla distanza fra un modello di traduzione-adattamento che punta ad omologare una produzione culturale straniera mettendo in atto un transfert culturale che produce di fatto una nuova creazione, e il modello di una fruizione -senza mediazione- di uno spettacolo trasmesso in contemporanea su scene straniere, in lingua originale, con il supporto di sovratitoli.
Nella versione di Catherine Clive, Arlecchino diviene Dromio: in un gioco allusivo agli equivoci e agli scambi di identità. Così la commedia propone un Marivaux di fattura shakespeariana.
Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux (1688-1763) è romanziere, giornalista e drammaturgo. La maggior parte delle sue pièces furono composte per i comici italiani di Parigi, e, proprio sfruttando alcuni tratti tipici della pratica attoriale di tale compagnia dell’Arte, venne elaborando una drammaturgia e uno stile molto particolari e originali.
La fortuna del suo teatro ebbe fasi discontinue: considerato privo di azione e ciarliero, fondato su una conversazione galante estremamente raffinata che gira a vuoto (il marivaudage) e su un intreccio perennemente riproposto (la sorpresa dell’amore), vicino all’estetica di un Watteau, il teatro di Marivaux fu letto nella sua profondità e nelle sue ambivalenze soltanto a partire dalla seconda metà del Novecento. Un tratto tipico del meccanismo drammaturgico delle sue commedie è quello del travestimento con una funzione di messa alla prova.
David Garrick poté assistere a rappresentazioni di pièces marivaudiane in occasione del suo viaggio del 1751 nella capitale francese. Di qui venne probabilmente l’idea dell’adattamento dell’Isola degli schiavi, affidato a Catherine Clive, celebre attrice della compagnia da lui formata al Drury Lane nel periodo della sua direzione.
Helen Landau è un’attrice bilingue (francese-inglese) e una regista teatrale, con un particolare interesse per il teatro multilingue. Insieme a Madelena Gonzalez ha curato un volume che documenta tre convegni/interviste sul teatro multilingue e minoritario: Au-delà de la Barrière de la langue (pubblicazione: ottobre 2024, Edizioni dell’Università di Avignone).
Ha studiato recitazione al Questors Theatre di Londra, prima di diventare un membro del teatro, esibendosi in produzioni come The Sisterhood (Les Femmes Savantes, Molière, traduzione, Ranjit Bolt), Hindle Wakes (Houghton) e Daisy Pulls it off (Deegan), al Minack Theatre. Da quando si è trasferita in Francia, nel 1998, ha continuato a recitare e dirigere commedie in francese, inglese e versioni multilingue.
Recentemente ha interpretato Red Remembrance (Annis – Avignon Off 2023) e Les Aventures de Wairzmaï et Little-Mouse (Annis – Festo Pitcho, Le Printemps Anglophone 2024, Avignon Off 2024). Fra le regie recenti si ricordano: Tales without Morals (Saki, 2021), A woman of no importance (Wilde, 2022) e The Critic (Sheridan, 2023). È direttrice artistica del teatro Au Chapeau Rouge e co-fondatrice del festival Printemps Anglophone – una celebrazione della cultura di lingua inglese.
Helen Landau sarà assistita da Jérome Tomray (esperto in scene di combattimento) e Valentina Citterio (coreografa).
L’approccio alla messa in scena della versione inglese del 1761 dell’Île des Esclaves presenta una sfida intrigante: trovare per lo spettacolo una nuova visione che non solo onori un’opera celebrata della letteratura francese, ma che catturi anche l’essenza della produzione del Drury Lane.
È stato affascinante studiare il manoscritto originale su cui la compagnia di Garrick lavorò più di duecentosessanta anni fa. Ogni riga cassata, ogni revisione aprono uno squarcio sulla particolare lettura e sulla drammaturgia dello spettacolo.
Esaminando questa prima versione inglese, si percepisce la mano della celebre Catherine Clive (detta Kitty) che era, come ci indica la sua biografia, “una delle attrici più brillanti e briose” (P. Fitzgerald 1888) del suo tempo. Kitty era nota per la propensione a smascherare le debolezze e le vanità dell’umanità e per il grande talento nella commedia. Nel manoscritto si vedono anche alcuni esempi della sua famigerata cattiva ortografia, per esempio con “duttiful” (in luogo di dutiful) e “ribens” (in luogo di ribbons) fra i dettagli idiosincratici del manoscritto.
Se gran parte del copione del Drury Lane rimane una fedele traduzione del testo originale di Marivaux, una sezione centrale è stata sostanzialmente modificata, in particolare nella scena III. Qui vediamo che il ruolo di Cleanthe, la serva, è stato sviluppato maggiormente attraverso un approccio umoristico più anglosassone. Anche se alcune fonti suggeriscono che Catherine Clive abbia interpretato la nobile Euphrosine (London Stage, rubrica: marzo 1761), appare chiaro che il ruolo ampliato di Cleanthe fosse più atto a mostrare il suo “talento inimitabile per ridicolizzare il talento stravagante e le conseguenze impertinenti” delle nobildonne del suo tempo.
Sebbene il mio obiettivo non fosse quello di cercare di fare una creazione da museo cercando di riprodurre la creazione del 1761, ho comunque voluto preservare le idee di Clive e mantenere il personaggio di Cleanthe più vivido, impertinente ed esuberante.
Un’altra curiosità di questo adattamento è il nuovo nome dato a due personaggi. Trivelin di Marivaux diventa Philo, mentre Arlecchino adotta il nome di Dromio, uno dei servitori shakespeariani della Commedia degli errori (1594 ca.). La scelta dei nuovi nomi produce un interessante transfert culturale oltre e evocare note relazioni padrone-servo. Tuttavia, facendo riferimento proprio a un’affermazione di Shakespeare, secondo cui “ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”, il personaggio di Dromio rimane molto fedele all’Arlecchino marivaudiano. Come si è detto, si notano infatti poche modifiche apportate al testo di Marivaux, con l’eccezione di un accenno a un diverso rapporto tra lui e Cleanthe. Analogamente, i dialoghi con Philo/ Trivelin rimangono generalmente una fedele traduzione del testo di Marivaux.
Vero e proprio testo base nel repertorio teatrale francese, L’isola degli schiavi è stata messa in scena e rivisitata numerose volte; il tema eterno dell’abuso di potere continua infatti a ispirare nuove letture sceniche. Nonostante i notevoli progressi dei diritti dei lavoratori, laddove esistano squilibri di potere, i lavoratori possono ritrovarsi ridotti a semplici “servitori”. Le catene della schiavitù, anche se non più fisiche, possono ancora esistere a livello psicologico: le offese verbali, se non feriscono il corpo, possono comunque ferire l’anima. Nella mia messa in scena ho voluto esplorare questi fenomeni adattandoli al contesto del mondo di oggi.
La decisione di Catherine Clive di mettere in scena lo spettacolo nel periodo tumultuoso della guerra dei Sette anni originò una controversia politica. In una lettera anonima inviata a un quotidiano si censura proprio il fatto di avere messo in scena una farsa francese di “un povero autore mediocre”. La risposta di Catherine Clive fu, come sempre, infiammata: “Spero che mi si consenta di dire che, da donna, ho sempre disprezzato la politica francese, ma non ho mai sentito dire che siamo in guerra con i loro spiriti”.
Ci è allora parso ovvio che Iphicrates e Dromio/Arlecchino appartenessero al mondo della politica. Nel nostro allestimento diventano l’uno un ministro e l’altro il suo assistente parlamentare, in viaggio per una conferenza internazionale. A loro si affianca Euphrosine, un “personaggio mediatico” di dubbia fama e la sua sottomessa assistente Cleanthe. Questa giustapposizione di figure politiche e mediatiche in uno strano ambiente insulare offre una ricca opportunità di esplorare gli aspetti contemporanei del potere e della fama attraverso un approccio anglosassone dell’humour.
Per il misterioso Philo / Trivelin, maestro delle cerimonie di tutto quello che accadrà sull’isola, mi sono invece ispirata allo spettacolo della compagnia di Garrick e sono andata oltre nel riferimento a Shakespeare, evocando un altro personaggio abbandonato su un’isola, Prospero, il mago della Tempesta (1610-1611). Così, alcuni personaggi hanno cambiato nome, altri si scambieranno gli abiti. Naturalmente, è un Prospero riformato che troviamo. Prospero conserva tutti i suoi poteri soprannaturali e porta un tocco di realismo magico alla messa in scena.
Il testo sarà presentato con pochi interventi minori sulla versione del Drury Lane, cui è aggiunto un prologo con un dialogo tratto da William Shakespeare, da me riadattato.
Consapevole delle diverse provenienze linguistiche del pubblico rispettivamente di Avignone, Berlino e Milano, e consapevole che le formulazioni dell’inglese del Settecento non sono quelle di oggi, mio intento è di presentare un lavoro attento sul linguaggio del corpo e sugli aspetti fisici della messa in scena. Pur mantenendo tutte le mie sensibilità e il mio istinto di regista di formazione fondamentalmente stanislavskiana, pongo grande attenzione a tutti gli aspetti della comunicazione non verbale. Sono lieta di collaborare con Jérôme Tomray, un esperto di combattimento scenico e Valentina Citterio, coreografa. Il linguaggio del corpo come espressione della condizione e l’umorismo sono una ricca fonte di ispirazione per il nostro lavoro.
Si sa che Catherine Clive aveva aggiunto una canzone comica al suo adattamento. Musica e danza occupano un posto importante anche nel nostro allestimento, offrendo l’opportunità di comunicare con il pubblico a più livelli sensoriali.
Anche se è molto diversa da quella del Drury Lane del 1761, la nostra messa in scena vuole comunque essere un omaggio a tale precedente. Spero che vi risplenda ancora la bellezza del testo originale di Marivaux e che vi si indovini lo spirito dell’esuberante adattamento di Kitty Clive.
Orario: TBD
In scena: 6 Marzo 2025
Produzione: Au-délà du plateau/Les Rencontres du Chapeau Rouge/Curtain Call
Regista: Helen Landau, with the assistance of Jerome Tomray, Valentina Citterio
Cast: The students of masters théâtre et écritures (Avignon University) and the student association, Curtain Call
by Deverust Studio